Introduzione alla poesia
Cari amici, eccomi a voi con un’altra briciola di poesia. Un modo questo per farvi i miei auguri all’alba di questo nuovo anno. Quella che vi invio prende spunto dal brano evangelico di oggi (cf. Lc 2,16-21), e in particolare dal termine con cui l’evangelista Luca descrive l’atteggiamento dei pastori alla notizia dell’Angelo, quando “senz’indugio” si recarono alla Capanna, per adorare il bambino Gesù. Ne segue un racconto poetico impregnato di un’immaginazione spirituale, dove il lettore si scopre personalmente coinvolto nella scena, animato dal desiderio di capire quali parole disse mai l’Angelo ai pastori, da convincerli ad andare “senza indugio”; e quali altre poi questi riferirono ai genitori del bambino, da indurre Maria a serbarle nel silenzio del suo cuore? Animato da questa “sana curiosità evangelica”, il lettore decide di andare oltre: egli, infatti, non si ferma all’ascolto delle parole, ma si fa prendere dall’audace desiderio di avvicinarsi perfino alla mangiatoia, pur di vedere e prendere tra le mani il corpo del bambino, e questo solo per farsi come lui: “pane spezzato d’ogni uomo”. Al termine di questa sua divina avventura egli si sente interpellato, chiedendosi cosa potrebbe accadere se dovesse tacere una simile notizia. La mancata condivisione della “buona novella” rischierebbe di pregiudicare la sua fede e quella degli altri, che come lui attendono il ritorno definitivo del Messia nell’“ottavo giorno”, quello glorioso del Cristo Risorto.
L’augurio dunque è quello che ciascuno di noi diventi, a suo modo, un pastore audace, tanto da “vedere e toccare il Verbo della vita”, come dice l’evangelista Giovanni, prima di portare nei propri ambiti di vita, la “buona novella” e di farlo “senza indugio”, come dice il titolo di questa poesia.
Senza indugio
Senza indugio!
Si recarono così
i pastori dal Messia,
in quella notte di solstizio;
e sbigottiti dall’annuncio,
sorpresi, lo trovarono bambino,
adagiato, inerme,
nel cuore d’una mangiatoia.
Nessuno tra di loro
pare ne conoscesse la venuta,
d’altronde si diceva: erano pastori.
Mentre, invece, invano l’attesero i reali
di vederlo come loro:
potente tra i potenti.
Delusi e minacciati
i sovrani d’ogni tempo,
ne decidono, concordi, la condanna.
Di contro essi: sì i pastori,
riferirono a gran voce
ciò che nel silenzio
era stato detto loro.
Ma che mai di lui si disse
da lasciarli attoniti
e indurre nel silenzio
la madre sua,
a serbar nel cuore
quelle parole arcane?
Che forse qualcuno tra di noi
non oserebbe gettare,
seppure per un attimo d’eterno,
l’orecchio in quell’intimo segreto,
per riascoltar la voce
dell’indicibile latore
che dice; va!
Così da dir con parole sue,
la gioia d’averne visto il volto;
o posar, ancora di più,
le mani in quella madia,
consumata dall’amore,
e farsi, come il Verbo
pane spezzato d’ogni uomo?
E che già domani si dirà di lui
se tornando a valle, tra le greggi,
tacesse quest’incredibile notizia
che squarcia le notti d’ogni tempo:
è nato! Sì, è nato,
il Messia tanto atteso: è nato!
E dirlo a chi nell’oggi della fede
l’attende ancora
nell’ottavo giorno della vita?
Non io di certo
che di questo Verbo scrivo
e canto il suo vagito,
senza indugio,
nel cuore d’ogni uomo.
Luigi Razzano
Acerra, 31 dicembre 2022
Buon Anno